martedì 23 agosto 2016

Un albero, un popolo

Quest'anno ho trascorso alcuni giorni nella Germania meridionale, in particolare nella zona della Foresta Nera.
Purtroppo non mi funzionava il cellulare pertanto non ho potuto scattare le foto che avrei voluto in libertà, qualcuna la elemosinavo ai cellulari del marito o del figlio, ma mancavano dell'immediatezza e dello sguardo mio che nel momento in cui colgo una cosa lo sento quasi tendere come fosse una freccia, ma che poi passata l'immediatezza della visione, perdeva vigore.
Poche foto, quindi e filtrate da sfasamenti temporali tra la percezione e la realizzazione dell'immagine.

Mi sono detta va beh cercherò di aguzzare la memoria visiva, cercherò di tenere a mente,
solo con qualche appunto scritto...
La prossima volta mi voglio dotare di una sorta di libretto di viaggio e della pazienza di schizzare almeno ciò che vedo.  Vorrò anche riprovare l'esperienza di stare 8 giorni senza cellulare, sicuramente molto auto-educativa.
Purtroppo ho poca memoria ma ho come l'idea che le cose, viste o lette,  mi restino lo stesso in una zona remota della mente dove vengono utilizzate da me stessa a mia insaputa e mi aiutino comunque ad elaborare pensieri ed idee.
In poche parole non ho memoria, perdo tutto...devo però avere la capacità di assimilare, non ricordo, ma la mia mente poi si esprime come se ricordasse...  "con la superficialità si coglie l'essenza".

Di tutto ciò che ho visto mi resta impresso come albero dominante, nei giardini ed aree verdi di quella parte di Germania oggetto del mio breve viaggio, l'ippocastano (Aesculus hippocastanum).
Lo usano molto come esemplare isolato, nei viali, ma anche nelle piazze.
Ho visto una piazza a Friburgo di pertinenza ad un'antica osteria, punteggiata da ippocastani, sotto alle loro chiome  erano disposti tavolini e seggioline.
Lo schizzetto che allego qui, l'ho fatto a posteriori, sintetizza la planimetria di quell'insieme.



Era una piazza seria e a suo modo austera, teutonica appunto, l'ombra scendeva dall'alto della chioma in modo compatto e lambiva  lo scuro dei tronchi, l'area emanava frescura ed era perfettamente in ombra, nessun raggio di sole riusciva ad arrivare a terra.
I commensali parlavano sottovoce, lentamente sceglievano dal piatto ciò che volevano poi degustare, si era invogliati alla riflessione ed al silenzio.

Ho pensato che in Francia non avrebbero mai  realizzato una piazza con ippocastani, bensì con i platani (Platanus orientalis). Se nella mente sostituisco gli ippocastani con i platani, ecco che subito la piazza  mi appare più allegra e vibrante di luce che attraverso il chiaro delle foglie giunge a lambire i tronchi variegati, bianchi, verdognoli, marrone, ocra; con il platano la luce fa ancora in tempo a toccare la terra e gioca con i visi dei commensali; nel mio immaginario la piazza francese si popola di persone vocianti e di gridolini di bambini.
L'amore dei francesi per il platano l'ho potuto constatare in vari viaggi brevi che ho fatto in Francia.

Pertanto alla luce di queste osservazioni,  chi volesse avere  una zona ombrosa sotto alla quale riposare, gustare deliziose merende, leggere o chiaccherare, potrà usare il platano se preferisce un'atmosfera più rilassata e solare, oppure  l'ippocastano se gradisce maggiormente un'atmosfera più austera ed intima.
La bellezza di questi grandi alberi sta nella loro maestosità, il senso della grandezza della chioma e dell'impalcato dei rami, entrambi donano molto conforto a chi sosta sotto alle loro fronde.
Chi ha la fortuna di avere un ampio prato vicino casa potrebbe realizzare una sorta di tempio verde con questi alberi, la loro bellezza deriverà  dal farli crescere liberamente. Tempo 10 anni potranno già dare soddisfazione, anche se ne riusciranno a godere di  tutta la loro maestosità i figli e ancor più i nipoti.

Mi sono fatta l'idea che il platano sia l'albero francese per antonomasia, mentre per la Germania lo sia l'ippocastano; ho notato come anche il tasso (Taxus baccata) sia una presenza dominante in molti giardini pubblici e privati tedeschi.

Mi piace pensare che i due alberi rappresentino rispettivamente due popoli diversi nelle loro caratteristiche più essenziali.



venerdì 12 agosto 2016

Piccolo Paradiso - campeggio ad Albenga (SV)

L'estate sta volando, siamo già ad un terzo di Agosto.
Luglio così trepidante e fresco è andato via e ha passato il testimone dell'Estate ad Agosto, più lasso e statico, già pronto ad incresparsi di Autunno.

Luglio il mese più allegro dell'estate,  foriero di vacanza, di caldo, di giornate lunghe e spensierate.
Luglio per me è riuscire a rubare qualche week end lungo al Piccolo Paradiso , un campeggio in provincia di Savona, ad Albenga.

Da più di 10 anni per me Luglio è il Piccolo Paradiso, due giorni qui, tre lì, passati al campeggio, lì la vita si calma, i ritmi diventano lente abitudini, piccoli riti che ti fanno godere la giornata anche nella quotidianità.

Ho iniziato a portarvi il mio bambino quando aveva tre anni, adesso ne ha 15, lui sta lì insieme a sua nonna Francesca una ventina di giorni, io vado e vengo nei fine settimana.

Là vita si svuota della fretta, dei problemi e si riempie di cose semplici, alzarsi e fare una bella colazione, indossare il costume un asciugamano e via in spiaggia, lì il mare ti aspetta, ti cerca e tu ti siedi sotto un ombrellone e ti abbandoni a te stessa pregustando il momento del bagno.

Quest'anno ho guardato il campeggio con occhi diversi, ho capito che molto della sua piacevolezza, oltre che dalla vicinanza del mare - e dalla simpatia e gentilezza dello staff- gli viene dato dalle piante.









Un' amalgama di varie specie, tra alberi ed arbusti, si affastellano per darti il benvenuto e poi ti sorridono e ti accompagnano durante tutta la giornata.


Si ti sorridono, ad esempio secondo me  un tiglio ti sorride quando il vento lo attraversa e tu sotto alla sua ombra gioisci della sua frescura.

Altre piante più vezzose si lasciano solo rimirare, altre ti stupiscono per la loro opulenza quando invece altrove sei abituata a vederle in versione mignon.



Non c'è un discorso netto e rigoroso, le siepi a delimitare, gli alberi ad ombreggiare, ma sono lì tutte insieme, un vociare allegro, tutte concorrono, ognuna con la sua particolarità ed interscambiandosi i ruoli, a delimitare le piazzole, a creare ombra, a vestire la nudità di un muro bianco, ognuna ci mette del suo e il messaggio che trasmettono è gioioso ed allegro.




La siepe di una piazzola in genere non è mai costituita solo di pittosporo, ma a fianco spunta un cipressino e poi sul più bello ecco si fa strada tra le foglie lucide e carnose del primo una piccola chamaerops, poi un olivo posto sullo spigolo della piazzola si vanta de suo ruolo cardine.







L'alto tronco di un pino marittimo o di una palma, viene abbracciato da mazzi fioriti di oleandri, che qui si divertono ad arrampicare; i fiori sono così numerosi e rigogliosi che passando vicino ti accorgi del loro profumo, in genere percepibile solo se ti avvicini di molto con il viso alle corolle.




E' questa cooperazione, commistione, vegetale che si ripete in modo diverso per ogni piazzola o angolo o quinta, che caratterizza il verde del Piccolo Paradiso.


Divide il campeggio dalla spiaggia solo una strada asfaltata, passi sotto al ponte della ferrovia, le cui pile sono ricoperte da lussureggianti bignonie, e sei già in spiaggia, lì ti accorgi di una presenza particolare:  nella  spiaggia spiccano direttamente dalla rena le palme.







Chamaerops excelsa - o simili-,  non so chi le abbia piantate ma ha avuto un'idea splendida, donano alla spiaggia un che di esotico che ti trasporta lontano...ed invece sei ad Albenga.

 La loro ombra a fitte lame chiaro scuro si riflette sulla spiaggia dorata, crocicchi di bagnanti riposano o chiacchierano o giocano a carte sotto alle loro alte chiome.

A me piace osservarle, mentre il vento muove i loro ventagli luccicanti di sole,  stagliate sull'azzurro del cielo.





Quando  poi verso il tramonto, uscendo dalla spiaggia, ti avvii verso l'ingresso del campeggio, ti accoglie una piacevole visuale, le chiome di tigli si susseguono uno dietro l'altro in un'aria dorata, sulla destra alte e flessuose palme ritmano le facciate di due palazzine bianche, solo due piani, le palme le hanno superate in altezza.



Macchie intense di bouganville, alti cespugli di callistemon, ibischi, lantane, olivi, cycas, agavi, gruppi di oleandri rosa, rossi, bianchi, piccoli cipressi, alberi di falso pepe,  teucrium, phlomis, santoline, ibischi inusitati, succulente e tradescantie in varietà,  non mancano pampini di vite ...







Una comunità di piante felici che ogni stagione estiva osserva la comunità cangiante di esseri umani passare sotto alle sue fronde, il Piccolo Paradiso è lì.

Quando, terminato il mio sporadico soggiorno di luglio,  smonto la tenda -camper, mi riprometto di ritornare ancora durante l'estate ma non ci riesco mai, eccetto forse per un fine settimana settembrino.

Se qualcuno leggerà queste parole potrebbe prendere spunto ed andarvi ad Agosto o a Settembre, prima della chiusura.

Chi volesse percorrere virtualmente il Piccolo Paradiso esiste il tour virtuale di Google; passeggiando virtualmente nel campeggio potrete vedere tutto come se foste lì e verificare ciò che ho scritto.

Il tour è realizzato dal fotografo certificato Google Andrea Chiesa che opera prevalentemente in Liguria e Piemonte.

Immagino che dopo questa carellata, riteniate che il Piccolo Paradiso valga ben un soggiorno!!!
Se volete avere informazioni vi consiglio di chiedere di Gabriella, è lei l'artefice-responsabile del Piccolo Paradiso.



mercoledì 22 giugno 2016

Giardino immaginario n.2

Ho pensato al retro di una casa monofamiliare,  con uno spazio abbastanza ampio a disposizione in piano esposto a sud-ovest, l'ho voluto impostare come una sorta di stanza all'aperto, un salotto che all'occorrenza potrebbe diventare una zona pranzo, spostando i divani e mettendoci un tavolo e delle panche.
Questo spazio non è solo una quinta da osservare da dentro casa, me è uno spazio da vivere nella bella stagione , immagino che leggere o riposare in questo luogo sia veramente piacevole, anche studiare e fare i compiti, non ultimo attrezzato con tavolo e panche potrà regalare felici momenti conviviali in famiglia e con amici.
L'area così allestita è vicino ad una porta finestra della casa, il passaggio da una all'altro è agevole e comodo.
La stanza all'aperto è protetta da una tettoia in legno, ai lati una siepe, Cotonaster lacteus, protegge e delimita lo spazio, sul lato lungo la quinta è data da una fontana in muratura, uno specchio d'acqua ove galleggiano ninfee e nuotano carpe, un piccolo fiotto d'acqua rallegra con il suo vociare l'aria.
La pavimentazione è in pietra di forma regolare posta a correre, da scegliere tra pietre locali.
La fontana è realizzata in muratura intonacata ed un bordo più alto crea una sorta di quinta oltre la quale spuntano le chiome di piccoli alberelli, potranno essere di  Lagerstroemia indica oppure Prunus pissardii. Sul tipo di piante acquatiche mi farei consigliare da Livia Chiappella del vivaio Menyanthes di Livia Chiappella, Massarosa (LU).
Da questa piazzetta-filtro si entra nel giardino, si osserva l'aiuola di erbacee calibrate sui toni del giallo e dell'arancio, si va verso il boschetto di carpini o faggi  e verso destra si raggiunge la parte dei meli da fiore, Malus red sentinel.








lunedì 20 giugno 2016

Gli aceri di Alessandro Biagioli a Fiorissima, 4 giugno 2016

Il 4 e 5 giugno c'è stata Fiorissima, una mostra florovivaistica che organizzo per un'associazione culturale senza scopo di lucro di vivaisti, Gardening in collina.
Non voglio parlare di questa mostra, per questo se volete esiste un sito internet - www.fiorissima.it -dove potrete trovare informazioni in merito, dico solo che si svolge in Ovada il primo settimana di giugno, piuttosto voglio parlare del mio intervento di sabato 4 giugno scorso, quando ho presentato Alessandro Biagioli nella Serra di villa Schella.

Alessandro non è un botanico, non è un agronomo, è un impresario edile che venti anni fa ha iniziato a piantare alcune varietà di aceri nel suo giardino in  Sabina, frazione borgo Quinzio e da allora non ha più smesso. Attualmente nel suo giardino sono presenti più di 450 aceri, una collezione in continua evoluzione ed ampliamento, una delle collezioni più complete esistenti in Italia.

Giovanna Zerbo presenta Alessandro Biagioli a Fiorissima 2016

Ama gli aceri per le loro foglie, ma poi ha imparato ad apprezzarne la corteccia,   la forma delle foglie, il colore e la dimensione delle samare, le impensabili colorazioni che caratterizzano il foliage autunnale di questi splendidi alberi.

La sua è una conoscenza essenzialmente pratica, empirica, che poi ha approfondito negli anni anche con un notevole bagaglio teorico, questo percorso pratico e teorico nel tempo  ha reso Alessandro Biagioli uno dei massimi esperti di aceri.

Chi non è molto esperto di alberi pensando agli aceri, pensa subito all'acero saccarino o all'acero platanoides nonchè a quello che nell'immaginario collettivo corrisponde all'acero più ricorrente, individuabile genericamente nell'acero giapponese, un alberello non tanto alto dalla chioma tondeggiante e dalle foglie rosse.

A Fiorissima Alessandro ci  ha proposto  alcune varietà un pò diverse dalle solite, varietà che possano acclimatarsi bene nel clima dell'Alto Monferrato.


Gli aceri presentati da Alessandro Biagioli sabato 4 giugno 2016 a Fiorissima

Segue l'elenco degli aceri che Alessandro Biagioli ha presentato a Fiorissima, quelli in grassetto sono quelli che erano materialmente visibili sabato mattina  esposti sul tavolo di villa Schella, gli altri sono quelli che ha solo citato nella sua esposizione.

In questo elenco vi sono quindi aceri inusitati ed insoliti che si acclimateranno bene nel territorio dell'Alto Monferrato, per acquistarli od avere ulteriori informazioni potrete contattare Fabrizio Fessia dell'omonimo vivaio, presente a Fiorissima, specializzato in aceri, acidofile ed ortensie, Regione Rotonda 34, Dorzano (Biella) , www.fessiafabrizio.it, tel 3383721114,
Fabrizio è uno dei principali fornitori di varietà di aceri rari e particolari di Alessandro.

Potrete continuare a seguire Alessandro Biagioli sul suo blog, http://politicacerierockroll.blogspot.it/
sul suo profilo facebook e anche alla web-radio http://www.oltretuttoradio.it/,
al mercoledì  dalle 19,00 alle 20,00 e alla Domenica dalle 10,00 alle 11,00, tiene una rubrica "balconi e giardini" incentrata sul mondo delle piante e dei giardini.

Aceri adatti al Monferrato secondo Alessandro Biagioli


Acer griseum*
Acer pectinatum con i fiori che ricordano la wisteria *
Acer Palmatum Ukigumo
Acer Palmatum Fire Glow
Acer palmatum Dissectum Garnet*
Acer Palmatum Orange Dream
Acer Davidii Rosalie *
Acer linearilobum*
Acer oblongum il sempreverde*
Acer Dissectum Green lace*


Acer griseum*





L'acero grigio, questo acero ha le foglie caduche, la chioma è tondeggiante, le foglie si colorano di rosso in autunno e diventa una pianta molto vistosa, la particolarità è la corteccia che, dopo qualche anno dall'impianto, si sfoglia in sottili lamelle, è  "come se avesse attaccati dei tronchetti di cannella".
 Si sviluppa per quasi 10 mt di altezza, resiste a temperature elevate sotto zero, preferisce posizioni assolate.

Acer Davidii Rosalie*

I rami sono di colore verde foglie un po 'piccole, che virano al giallo in autunno . La pianta resiste alle basse temperature.

I fiori sono di colore giallo, riuniti in spighe della lunghezza variabile da cinque a dieci centimetri, sbocciano in maggio e non sono particolarmente appariscenti

Alto sino a 12-15 metri esposizione pieno sole o leggera ombra







Acer palmatum Dissectum Garnet*



Foglie verdi lunghe e strette che formano una bellissima fontana che diventa tendente al giallo in autunno, è l'acero che nella foto in alto è il primo a sinistra.






Acer linearilobum

È una varietà a crescita lenta ed eretta, e può raggiungere i 3 m di altezza







Acer Dissectum Green lace*

Varietà di acero ornamentale dalla crescita rapida e robusta con la chioma compatta con un effetto a cascata data la forma a pendula.Caratteristico il suo tronco color verde.

Le foglie sottili e divise, hanno nuovi germogli color crema, in primavera sono di un colore verde smeraldo brillante inalterato in estate mentre in autunno la colorazione diventa giallo-oro. Acero che predilige terreni ben drenati ed un esposizione in mezz’ombra.






lunedì 16 maggio 2016

Un piccolo racconto di paesaggio e di vita

Amico paesaggio.
Un tempo abitavo in città, guardavo persone e palazzi.
Capivo l'alternarsi delle stagioni dal cambio degli abiti, cappotti, impermeabili, vestitini di cotone.
Il verde cittadino per me era solo una comparsa.
Due viaggi lunghi stagionali hanno caratterizzato il mio essere bambina e la prima giovinezza, una sorta di transumanza, uno all'inizio dell'estate verso la campagna, l'altro all'inizio dell'autunno verso la città, i miei erano insegnanti.
Ci caricavano in macchina con bagagli impossibili, io e mia sorella eravamo tipo due valigie incastrate in uno spazio minimo vitale, una da un finestrino, l'altra dall'altro.
E via, si partiva.
Ci aspettavano circa 1200 km, un viaggio lungo, non potevo leggere poiché pativo, non c'erano allora cellulari, computerini, monitor ove vedere film, avevo un mangia cassette che mettevo in funzione per ascoltare un pò di musica, ne aveva uno anche mia sorella...infatti poi, dopo qualche battibecco, si preferiva il silenzio.
Così mi voltavo al finestrino ed osservavo, il paesaggio diventava il mio compagno di viaggio.
Ricordo ancora il piacere di incontrare tutti gli anni alcune immagini.
Le ville della Riviera ligure, all'epoca non me ne capivo di stili, ma le trovavo meravigliose, sopratutto a Rapallo cercavo di non perdemene una.
A Livorno percepivo la piacevolezza di una città di mare, la gioia di vivere, ma passavamo veloci.
L'autostrada filava diritta tra dolci colline con paesi arroccati in cima e campi immensi coltivati, casolari sparsi qua e là sfrecciavano via.
Per alcuni anni all'andata una sosta ai cipressi di Bolgheri era dovuta, mio padre ci teneva, poi potè di più il desiderio di arrivare il prima possibile alla sua terra natia e così anche questa tappa svanì.
Del Lazio correndo in autostrada percepivo poco, il nostro incubo era quello di sbagliare al grande raccordo anulare.
Vi era un luogo in Calabria che mi terrorizzava, non ne avevo alcun motivo, forse era il nome Lagonegro ad impressionarmi, mi pareva che ci fossimo solo noi a percorrere quel tratto di autostrada, alte rocce, colori cupi, da lì a poco avrei incontrato il mare.
Si il mare della Calabria, le sue spiagge interminabili con palazzine quasi sulla rena, ci passavamo veloci davanti in macchina, ho ancora negli occhi i tramonti su quel mare che mi struggeva, avevo la mia giovinezza tutta davanti; li avrei voluti fissare in qualche modo quei tramonti, viola, arancioni, indaci, e forse ci sono riuscita, li ho ancora dentro di me.
Sapevo che la Sicilia si stava avvicinando e ciò mi rincuorava.
Attraversare lo Stretto era una gioiosa avventura, vento, sali scendi tra i ponti, l'immancabile arancino; ciò che mi ha sempre colpita è che quando si scendeva a terra l'aria era più calda, era più intensa, era quasi palpabile...forse era solo un'idea.
Da lì a poco si arrivava nella campagna alle pendici dell'Etna, lato opposto al mare, la culla atavica di mio padre: il paesaggio che mi ha accompagnato nei mesi estivi è quello dei campi gialli, stoppie di grano tagliato, macchie di ginestre (ho saputo dopo che è proprio la Genista aetnensis) e dei boschi sino al limitare della Montagna, che lì si innalza nera e maestosa nella sua visuale più ampia ed imponente.
Questi viaggi a distanza di tanti anni li considero una sorta di educazione sentimentale al paesaggio.
Nel tempo ho imparato ad osservare sempre di più.
Adesso abito in campagna.
Il paesaggio è quello del Monferrato, ora osservo il cadenzare delle stagioni, lo riconosco e lo cerco nel mutare della livrea degli alberi, degli arbusti e delle viti che qui abbracciano le colline.
Quando attraverso queste colline con la macchina o a piedi, guardo con attenzione ogni cosa, osservo le piante più ancora di quando da giovane osservavo le persone, cerco di dare un nome ad un cespuglio, ad un albero e, se riconosco una rosa in un giardino, gioisco come aver ritrovato un'amica.

Il paesaggio adesso fa parte di me, mi avvolge, mi commuove, è un quadro vivente cui ho la fortuna di far parte.

martedì 10 maggio 2016

Eureka l'Heuchera!


Eureka! 
Heuchera!





   Erbaio Della Gorra a Masino , maggio 2016
Erbaio della Gorra a Masino, maggio 2016
























Sembrano parole simili, una sorta di allitterazione, una è una pianta perenne sempreverde, l'altro è un verbo greco, prima persona del perfetto indicativo attivo del verbo εὑρίσκω (heurískō = trovo) , quindi ho trovato! Diciamo che per me trovare le Huchere è stata come un'illuminazione, eureka l'Heuchera! Lo devo all'Erbaio della Gorra.

Le vedevo esposte nel loro spazio espositivo e le guardavo, chissà perchè mi davano l'idea di essere delicate, io non ho bisogno di piante delicate, le mie devono essere piante spartane che sappiano essere indipendenti...Una volta ho provato, ne ho presa una e l'ho messa all'ombra pensando che con quelle foglie patisse il sole ma poco dopo stava deperendo, così l'ho spostata al sole, è si è ripresa.

Da allora sta lì, caldo o freddo, imperterrita e sempre a posto, sempre con quel bel cuscino di foglie variegate alla base, che di anno in anno cresce un poco di più, tra maggio e giugno mi regala la sua particolare fioritura su alti ed esili steli si dispongono piccoli capolini colorati, rosa o rossi accesi.

Ne ho preso da poco un'altra sempre dall'Erbaio della Gorra, questa volta con le foglie rosso vinaccia.

Poi ne prenderò una con le foglie arancioni, e poi un'altra ancora...

Per ora le ho in vaso, stanno bene nei vasi,nel senso che anche loro sembrano gradire, se uno avesse uno spazio potrebbe benissimo metterle in piena terra, avrebbe un bordo sempre ben definito e vario nello stesso tempo. Si l'heuchera mi piace proprio.

Le mie Euchere (particolare)

Le mie Euchere in vaso

giovedì 18 febbraio 2016




Un singolo vaso non fa un giardino, tuttavia posto da solo in un cortile assume un suo significato, diventa importante. Basilare è la bellezza del vaso, in questo caso il cotto appoggia su un selciato di ciottoli, il vecchio muro con pietre e mattoni a vista ne diventa una quinta preziosa pur nella sua rusticità.
La pianta è una leggiadra camelia sasanqua bianca, la foto è di pochi giorni fa, vederla fiorita così a febbraio ha un che di miracoloso, quasi commuovente se si pensa che intorno le altre piante sono ancora tutte spoglie.  E' una piccola frase di benvenuto per chi entra in cortile. Il vaso nelle altre stagioni non sarà più fiorito, ma assolverà sempre il suo ruolo dare il benvenuto a chi entra, anche se lo farà in modo più semplice.